Un po’ di storia
Nel 1962 la Provincia italiana dei Missionari del S. Cuore, dopo offerta dell’Arcivescovo di Salerno, accettò la parrocchia di S.Giuseppe Lavoratore ai “Gelsi Rossi”, ancora tutta da far nascere: chiesa e comunità parrocchiale. Ne prese la responsabilità P. Aurelio Benedetti che la portò avanti con molti sacrifici fino al 1976. Durante questi anni il P. Benedetti fu aiutato per periodi più o meno lunghi da altri confratelli, tra i quali ricordiamo suo fratello, P. Angelo Benedetti, anch’egli Missionario del Sacro Cuore.
Non essendoci un numero sufficiente di confratelli per costituire una comunità religiosa propria, fu definita alle dipendenze del Superiore Provinciale Italiano dal 1962 al 1968, poi del Superiore della Comunità di Pontecagnano dal 1968 al 1977. Negli anni successivi, a seconda del numero dei confratelli presenti, ebbe un Superiore proprio oppure fu in collaborazione con quella di Pontecagnano.
I Parroci della Parrocchia sono stati sostanzialmente due: Benedetti Aurelio dal 1962 al 1977 e Nicoli Umberto dal 1977 al 2006.
Durante questi lunghi anni c’è stato un buon numero di sacerdoti collaboratori, alcuni con nomina di Vicari Parrocchiali, e altri semplicemente come membri della Comunità religiosa e Collaboratori Parrocchiali. Di questi, alcuni sono ad oggi viventi e altri sono passati a miglior vita.
Nel 2006 i Missionari del Sacro Cuore lasciarono la cura pastorale della Parrocchia e l’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, mons. Gerardo Pierro, decise di affidare la Parrocchia al Clero diocesano, nelle persone di don Marcello Tamburo e don Flavio Manzo. Dopo alcuni mesi don Flavio Manzo fu trasferito ad altro incarico e la cura pastorale della comunità parrocchiale fu portata avanti da don Marcello per circa undici anni.
Nel settembre del 2017, a seguito del trasferimento di don Marcello Tamburo come Parroco della comunità di Penta, la cura pastorale della Parrocchia di S. Giuseppe Lavoratore in Salerno fu affidata a don Natale Scarpitta.
Gli inizi: La cappellina al mercato
Agli inizi degli anni ’60 vi era una cappella, denominata inizialmente oratorio “S. Antonio”, sita nell’area ospitante in passato il mercato ortofrutticolo generale di via Gelsi Rossi, alla Traversa Antonio Lagatta. Era una struttura costituita da una sala a forma rettangolare avente le seguenti misure mt 9,13 x 12,30. Le strutture portanti dell’oratorio erano costituite da ossatura in cemento armato e muratura di tufo quelle verticali, mentre il solaio era misto in c.a. e laterizi. La copertura era a terrazza. Le pareti sia interne che esterne erano ricoperte da intonaco. Le vetrate avevano una struttura in ferro. La porta d’ingesso era di legno castagno. La pavimentazione era per due terzi circa in piastrelle di ges e la rimanente parte in pietrini di cemento. Il locale aveva un impianto di illuminazione elettrica. L’oratorio era dotato di altare, banchi e sedie. Aveva una capienza di circa 250 persone. Fu fu poi demolito per costruire l’attuale Lungo Irno. Il sindaco dell’epoca, Vincenzo De Luca, promise alla popolazione del quartiere che dopo pochi anni l’avrebbe ricostruita.
Gli inizi: L’erezione canonica della Parrocchia
Il 1° agosto 1962 l’Arcivescovo Monsignor Demetrio Moscato decise di affidarla ai Missionari del Sacro Cuore (msc) e nominò (cfr. Reg. Fol 261 vol. V) P. Franco Violanti msc parroco della Parrocchia di S. Giuseppe. Il 25 novembre del 1962 l’Arcivescovo Monsignor Demetrio Moscato nominò (cfr. Reg. Fol 295 vol. V) P. Aurelio Benedetti msc che vi rimase fino al 1977. Gli successe P. Umberto Nicoli msc.
Gli inizi: La Chiesa parrocchiale
Negli anni ’60 ebbe anche inizio la costruzione della Parrocchia in Via Bottiglieri. La prima chiesa fu nell’attuale teatro. Sul finire degli anni ’60 fu completata la casa canonica sopra l’attuale teatro. Intorno agli anni ’75-’78 fu costruita l’attuale chiesa e i locali parrocchiali. Il 28 aprile 1978, fu celebrata la prima messa nella nuova chiesa in occasione dell’ordinazione di don Pasquale Mastrangelo. In quell’occasione la costruzione della Chiesa parrocchiale non era ancora completata: mancavano, infatti, il pavimento, gli infissi, la pitturazione delle pareti che risultavano ancora grezze. C’era solo l’altare e il quadro raffigurante la Sacra Famiglia.